[LE CARIATIDI DELLA LIBERTÀ]

Che i diritti di ognuno di noi potessero essere compressi, non lo avremmo mai immaginato.
Quante volte abbiamo sentito urlare, anche con ferocia, «mai più fascismi!»?
Eppure, l’emergenza sanitaria in corso ci ha colpito proprio là dove pensavamo di essere più al sicuro: al cuore della libertà. Anche se, a conti fatti, sono ormai in tanti a rendersi conto di quanto i diritti di ciascuno fossero già da tempo relegati a mere enunciazioni di principio, buone solo per i testi universitari e i salotti della retorica…
Certo è che l’attuale emergenza sanitaria resta il banco di prova più difficile della tenuta del nostro modello di sviluppo, che infatti la prova non la supererà affatto.
L’attacco alla libertà che stiamo subendo, del resto, ci ha inchiodati davanti ad una ineluttabile realtà: con le enunciazioni di principio le persone non solo non mangiano, ma nemmeno sono felici.
Cos’è la democrazia? Cos’è la libertà?
Che ti frega se i parlamentari sono 1000 o 500 o 2000, se tanto non hai quello che vuoi?
«Intanto li mandiamo a casa» è la cultura di chi non ha prospettive…
Che ti frega di difendere il diritto al lavoro, se quello che hai è squallido e ti avvilisce?
Forse i più sfigati sono davvero quelli che il lavoro ce l’hanno: costretti a lavorare senza potersi lamentare…
Che ti frega delle enfatiche dichiarazioni di libertà, se poi, in concreto, le tue scelte sono condizionate da altri?
Insomma, se dopo ottant’anni malcontati di democrazia siamo ancora qui a parlare di libertà, è segno che qualcosa è andato storto.
E sono proprio gli interrogativi sulla “libertà” che testimoniano il disagio in cui ci siamo lasciati trascinare.
Altro che libertà, qui c’è un disperato bisogno di felicità!
Le persone, infatti, proprio durante i mesi di lockdown a libertà soppresse, hanno capito che l’unica cosa che valga la pena perseguire e difendere, non è la libertà, ma è la propria felicità. Quella “autentica”, però, non quella “illusoria” che ci hanno indotto tenacemente ad inseguire, anche quando di felicità non ne aveva nessun sapore.
Do una scorsa ai social e mi chiedo: davvero siete interessasti a sapere se cadrà il Governo? davvero vi accontentate di tifare per il vaccino?
Ma non vi siete accorti che in ogni caso indietro non possiamo più tornare?
Ditevi la verità: chi di voi vuole tornare alle “notti bianche”, ai carrelli sui piedi, alle code in tangenziale, e alla corsa contro il tempo? Chi vuole davvero tornare a lavorare come una bestia nella giungla giuridica e burocratica in cui ci eravamo infilati, per svenire la sera nel letto magari anestetizzato dalla piccola soddisfazione alcolica o amorosa?
Io, no.
Io vorrei che all’orizzonte spuntasse qualcuno con qualche idea, e non qualcuno pronto a prendere il posto di qualcun altro, ma comunque sempre senza idee e con la zucca vuota.
Io vorrei che qualcuno ci dicesse che mondo verrà, e non qualcuno che continua a promettermi ciecamente di tornare al mondo che – al netto degli svaghi smodati – non piaceva più a nessuno.
Io voglio un mondo green e sostenibile, voglio poter vivere dove voglio, voglio dedicare al lavoro qualche ora ogni giorno, non tutto il giorno e tutti i giorni, e poi voglio stare all’aperto con le persone con cui sto bene e a cui voglio bene, se e nella misura in cui mi va. Non voglio sentirmi obbligato a fare baldoria e shopping in modo compulsivo.
Quindi?
Quindi, chi lo dice che il mondo che verrà – e verrà, statene certi verrà – sarà peggio di questo? Con buona pace delle ‘cariatidi’ delle libertà, chiamate a reggere i ruderi di una democrazia che ormai ha fatto la sua epoca e può essere consegnata alla Storia.

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